Frammenti

  1. Character Development

    Sono una persona che tende, naturalmente, a buttarsi giù.
    Questa non è una novità, è sempre stato così e dubito che riuscirò mai a cambiare questa parte del mio carattere. Mi viene automatico pensare sempre agli outcome peggiori di qualunque situazione. Poco male, me ne sono fatta una ragione.
    I post di questo blog ne sono solamente una prova.
    Però - però - è successa una cosa.
    Avevo già paragonato il percorso che sto facendo allo scavare e trascinarsi nel fango; ebbene, in mezzo a questo cammin di nostra vita, in questo mare di pessimismo, io pian piano sono andata avanti, a passettini talmente piccoli da farmi sembrare di non essermi mossa affatto. Non ci sono state falcate evidenti, eppure ad un certo punto sono riuscita ad emergere con tutto il busto dalla melma, e a guardarmi indietro.
    E ho scoperto di aver fatto un sacco di strada.
    Quindi, questo sarà un post di ottimismo.
    Uno in cui mi do una pacca sulla spalla, per una volta, per dirmi “brava Silvia, continua così”. Ci vogliono anche questi. Il solo fatto che io stia riuscendo a farlo è un’enorme conquista.
    Sarà un pratico elenco a punti, perché me li ero già segnati su listography e sono anche una persona pigra.

    Ecco il character development di cui mi sono resa conto, aggiornato al 13 febbraio 2016.
    Quasi a San Valentino, perché quest’anno apprezzo un po’ di più anche me, oltre che gli altri.
    Non è vero, è solo una coincidenza ma ci stava bene
    Insomma:

    1. Non devo per forza struggermi a pensare "chissà se una persona ha mai provato/pensato questo nei miei confronti". Non devo per forza vagliare tutte le opzioni peggiori, e catastrofiche, su quello che una singola domanda o azione o parola può causare. Posso semplicemente CHIEDERE. Wow. Perché, in fondo, è tutto qui: se mi fido di una persona, mi fido anche che quella persona accolga con tranquillità e capisca quello che intendo dire. E se non lo dovesse capire, o dovesse fraintenderlo, mi fido che sarà aperta a chiarimenti. MERDA CHE PAURA LA FIDUCIA.
      In tutto questo, note to self: devo lavorare ancora tanto sulla paranoia. Questo terrore di essere assillante verrà pure da qualche parte.
      (Sì, sono assillante con le persone a cui tengo tanto e che ho paura di perdere perché ho paurissima che mi scivolino via dalle mani. Controproducente, lo so. Ci sto lavorando.)
      Further note to self: E muoviti, stronza

    2. Ehi, posso parlare sinceramente dei miei problemi. La gente non se ne va pensando che sia una stronza, una brutta persona o una persona poco interessante. Posso chiarire dei fraintendimenti.

    3. Posso assumermi le responsabilità di un mio errore senza sentire di aver fallito tutto, o di essere un essere umano di merda. O senza temere di venire giudicata in toto e per sempre per quel singolo errore. No dai, sono solo umana, compio degli errori e posso impar...

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  2. Ma le definizioni servono (a me)?

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    Mi sembra abbastanza chiaro che io abbia un problema con le definizioni.
    Il che mi fa ridere - anche no, in realtà - visto che poco tempo fa dicevo con sicurezza, in più di una conversazione cuore a cuore assolutamente sincera, che a me le definizioni stanno strette.
    Che poi, non è che sia falso. Per questo dico di avere un problema.
    O forse lo è e non mi accorgo di essere ipocrita
    Perché è vero che non me ne può fregare di meno di applicare una definizione ad una singola persona, o a me stessa se è per questo. È vero, qualche anno fa non ho dormito per mesi cercando di capire se indugiassi a guardare le foto di Scarlett Johansson perché volevo essere lei o perché volessi farmi lei, ma lì era più che altro l’incertezza a tormentarmi. L’idea di non conoscermi più, ecco, quando credevo di essere tranquilla almeno su quello.
    Figures.
    Dicevo. Forse è meglio dire che mi stanno strette le etichette. Perché quelle vengono appioppate alle persone pretendendo di rinchiuderle in uno schema predefinito di caratteristiche, di comportamenti o salcazzo che altro. E come fai a chiudere un essere umano in continua evoluzione in una scatoletta? Dai. “Sei xyz e quindi sei così”. Come mi sta sul culo.
    Evidentemente questo non si applica alla definizione dei rapporti.
    Potrei parlarne all’analista, e probabilmente risalirei al solito vecchio nodo del “non voglio che le persone che amo se ne vadano”. Ma va, sticazzi? Chi vuole? Eh. Sarà incredibilmente egoistico, ma dare un nome ad un rapporto - per me - in qualche modo è come avere una corda in più che mi tiene legata a quella/e persona/e. È anche stupido, lo so bene: non è certo il nome a fare un rapporto, anzi, è forse l’ultima cosa. Però, non lo so.
    Forse, quel nome può dargli un valore aggiunto.
    Sono pur sempre nata in questa società, e sono abbastanza lucida da riconoscere quanto le convenzioni sociali siano radicate nel mio modo di essere. Quindi sì, il termine fidanzato o moroso, che dir si voglia, mi fa sorridere. Mi aumenta il calore nel petto, perché porta con sé tutta una serie di cose che non credevo sarei riuscita ad avere nella mia vita.
    Toglierlo o cambiarlo non cambia quello che sento, né cambia il legame in sé.
    Eppure ne sento la mancanza.
    (In tutto ciò, non ho ancora capito che razza di post sia questo. Se un esame di coscienza, un semplice interrogativo sul mio modo di vivere le definizioni, boh. Forse è solo la PMS mista all’ansia per l’esame che ho ormaitramenodiunasettimana e per cui mi sembra di non essere minimamente pronta a farmi pesare questa cosa, stasera. Ieri stavo bene. Chissà.)
    Che poi, mi manca per cose molto triviali. Tipo che: ma se io volessi dirlo/parlarne con Tale/Tizio/Caio, allora come faccio? In questo caso il mio è un problema pratico.
    Quindi torniamo all’annoso problema, no?
    Mi piace o no avere una definizione per i rapporti? Sì, anch...

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    Last Post by ChoAyako il 21 Jan. 2016
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